Fatti storici realmente accaduti

  • Il padre Razzi, camaldolese, racconta che un certo giovane, essendo morto suo padre, fu mandato dalla madre alla corte di un principe. Nel salutarlo, la madre, che era molto devota a Maria, si fece promettere dal figlio che ogni giorno avrebbe recitato un 'Ave Maria, aggiungendovi queste parole: « Vergine benedetta, aiutami nell'ora della mia morte ». Arrivato a corte, dopo qualche tempo il giovane diventò così dissoluto nei vizi, che il principe fu costretto a mandarlo via. Disperato, non sapendo come vivere, egli si mise allora a fare l'assassino di strada nelle campagne, ma frattanto non smetteva di raccomandarsi alla Madonna, come gli aveva detto la madre. Alla fine fu arrestato e condannato a morte. Mentre era in prigione, il giorno prima di essere giustiziato, pensando al suo disonore, al dolore della madre e alla morte che lo aspettava, piangeva inconsolabile. Vedendolo oppresso da una grande malinconia, il demonio gli apparve in forma di un bel giovane e gli promise che lo avrebbe liberato dalla morte e dal carcere, se avesse fatto quello che gli diceva. Il condannato si dichiarò pronto a far tutto. Allora il finto giovane gli rivelò di essere il demonio venuto in suo aiuto. In primo luogo voleva che rinnegasse Gesù Cristo e i santi sacramenti; e il giovane acconsentì. Il demonio gli chiese inoltre di rinnegare Maria Vergine e di rinunziare alla sua protezione. « Questo non lo farò mai », rispose il giovane e, rivolgendosi a Maria, ripeté la solita preghiera che la madre gli aveva insegnato: « Vergine benedetta, aiutami nell'ora della mia morte ». A queste parole il demonio sparì, ma il giovane rimase molto afflitto per il grande peccato commesso nell'aver rinnegato Gesù Cristo. Ricorse allora alla santa Vergine, la quale gli ottenne un grande dolore per tutti i suoi peccati; perciò egli si confessò con molte lacrime e contrizione. Uscito di prigione per andare al patibolo, il condannato passò davanti a una statua di Maria. La salutò con la solita preghiera: « Vergine benedetta, aiutami nell'ora della mia morte » e sotto gli occhi di tutti la statua chinò la testa e lo risalutò. Commosso, egli chiese di poter baciare i piedi di quell'immagine. I giustizieri erano contrari, ma poi accondiscesero per le rumorose insistenze del popolo. Il giovane si chinò per baciare i piedi della statua; Maria stese il braccio e lo prese per la mano, tenendolo così forte che non fu possibile staccarlo da lì. Alla vista di tale prodigio, tutti cominciarono a gridare: « Grazia, grazia! » e la grazia fu concessa. Ritornato nella sua patria, il giovane si diede a una vita esemplare, continuando ad amare devotamente Maria, che lo aveva liberato dalla morte temporale ed eterna.

 

  • Nell'anno 1604 in una città della Fiandra vivevano due giovani studenti, i quali, invece di dedicarsi alle lettere, si abbandonavano a gozzoviglie e ad azioni disoneste. Una notte, andarono a peccare in casa di una donna di facili costumi. Uno di loro, chiamato Riccardo, dopo un po' ritornò a casa sua; l'altro rimase. Mentre si spogliava prima di coricarsi, Riccardo si ricordò di non aver recitato quel giorno alcune Ave Maria alla santa Vergine, come era solito fare. Benché oppresso dal sonno, si sforzò di recitarle, anche se senza devozione e mezzo addormentato. Mentre era immerso nel primo sonno, senti bussare con forza alla porta e subito dopo, senza aver aperto, si vide davanti il suo compagno, che aveva un aspetto orribile. - Chi sei? - gli chiese. - Non mi riconosci? - rispose l'altro. - Ma come sei così cambiato? Sembri un demonio. - Povero me! - esclamò quell'infelice - sono dannato. - E come? - Sappi che mentre uscivo da quella casa infame venne un demonio e mi soffocò. Il mio corpo è restato in mezzo alla strada e la mia anima sta all'inferno. Sappi che il mio stesso castigo toccava anche a te, ma la beata Vergine te ne ha liberato per quel piccolo omaggio delle tue Ave Maria. Felice te se saprai profittare di questo avvertimento che la Madre di Dio ti manda per mezzo mio! - Ciò detto, il dannato slacciò il suo mantello mostrando le fiamme e i serpenti che lo tormentavano; poi scomparve. Allora il giovane scoppiò in un pianto dirotto e si gettò con la faccia per terra per ringraziare la sua liberatrice Maria e mentre pensava di cambiare vita, sentì suonare il mattutino al monastero dei Francescani. Allora disse tra sé: « Dio mi chiama a far penitenza » e subito andò al convento pregando di essere ricevuto. I religiosi erano riluttanti, poiché conoscevano la sua vita dissoluta, ma egli narrò loro tutto l'accaduto piangendo dirottamente. Allora due padri andarono in quella strada, trovarono il cadavere del compagno soffocato e nero come il carbone, e ricevettero il giovane. Riccardo si diede quindi a una vita esemplare, poi andò nelle Indie a predicare la fede; di là passò in Giappone dove infine ebbe la sorte e la grazia di morire martire per Gesù Cristo, bruciato vivo.

Si narra nella vita di suor Caterina di sant'Agostino che, nel luogo dove viveva questa serva del Signore, si trovava una donna chiamata Maria, la quale in gioventù era stata peccatrice e anche nella vecchiaia seguitava ostinatamente a essere perversa tanto che, scacciata dai cittadini e confinata a vivere in una grotta fuori del suo paese, vi morì quasi putrescente, abbandonata da tutti e senza sacramenti e perciò fu sepolta in campagna come una bestia. Suor Caterina, che era solita raccomandare a Dio con grande affetto tutte le anime di coloro che trapassavano all'altra vita, avendo appreso la morte disgraziata di questa povera vecchia, non pensò affatto a pregare per lei, ritenendola, come tutti la ritenevano, dannata. Passati quattro anni, un giorno le si presentò dinanzi un'anima purgante, che le disse: - Suor Caterina, che mala sorte è la mia? Tu raccomandi a Dio le anime di tutti coloro che muoiono e solamente dell'anima mia non hai avuto pietà? - Chi sei tu? - disse la serva di Dio. - Io sono - rispose - quella povera Maria che morì nella grotta. - Ma come, tu sei salva? - riprese suor Caterina. - Si, sono salva per misericordia di Maria Vergine. - E come? - Quando mi vidi vicina alla morte, sentendomi così piena di peccati e abbandonata da tutti, mi rivolsi alla Madre di Dio e le dissi: Signora, tu sei il rifugio degli abbandonati; io sono adesso abbandonata da tutti; tu sei l'unica speranza mia, tu sola mi puoi aiutare, abbi pietà di me. La santa Vergine ottenne per me un atto di contrizione, morii e mi salvai. E la mia regina mi ha ottenuto anche un'altra grazia: che l'intensità delle mie sofferenze abbreviasse la durata della mia espiazione che avrebbe dovuto prolungarsi per molti più anni; ma ho bisogno di alcune messe per liberarmi dal purgatorio. Ti prego di farmele dire e ti prometto di pregare poi sempre Dio e Maria per te. Suor Caterina fece subito celebrare le messe e dopo pochi giorni le apparve di nuovo quell'anima, più luminosa del sole, e le disse: - Ti ringrazio, Caterina. Ecco, io me ne vado già in paradiso a cantare le misericordie del mio Dio e a pregare per te.
 
 
Il padre Bovio racconta che una donna di malaffare, chiamata Elena, entrata in una chiesa, udì per caso una predica sul rosario. Uscì e ne comprò uno, ma lo portava nascosto per non farlo vedere. Cominciò poi a recitarlo, ma dapprima senza devozione. La santa Vergine le fece tuttavia gustare tali consolazioni e tali dolcezze in questa pratica, che non si stancava mai di dire il rosario. Così arrivò a concepire un tale orrore per la sua cattiva condotta che, non trovando pace, fu come costretta ad andare a confessarsi, e lo fece con tale contrizione, che il confessore ne fu stupito. Fatta la confessione, andò a inginocchiarsi davanti a un altare di Maria per ringraziare la sua avvocata e, mentre recitava il rosario, udì la voce della divina Madre che da quell'immagine le diceva: « Elena, hai molto offeso Dio e me. Da oggi in poi cambia vita e ti concederò in abbondanza la mia grazia ». Tutta confusa, la povera peccatrice rispose: « Vergine santa, è vero che finora sono stata una sciagurata, ma tu che tutto puoi, aiutami. Io mi dono a te e voglio impiegare il resto dei miei giorni a far penitenza dei miei peccati ». Aiutata da Maria, Elena distribuì tutti i suoi averi ai poveri e si diede a una vita di rigorosa penitenza. Era tormentata da terribili tentazioni, ma si raccomandava incessantemente alla Madre di Dio e così ne usciva sempre vittoriosa. Arrivò ad avere molte grazie anche soprannaturali, visioni, rivelazioni, profezie. Infine, dopo averla avvertita qualche giorno prima della sua morte ormai prossima, la Vergine con suo Figlio venne a visitarla e, quando la peccatrice morì, fu vista la sua anima volare verso il cielo in forma di bellissima colomba.
 
 
È celebre la storia di santa Maria Egiziaca che si legge nel primo libro delle Vite dei padri. A dodici anni, la giovinetta fuggi dalla casa paterna e si recò ad Alessandria, dove per la sua condotta scostumata divenne lo scandalo di quella città. Dopo sedici anni di vita peccaminosa, si trovò a Gerusalemme mentre vi si celebrava la festa della Santa Croce. Più per curiosità che per devozione, si accinse a entrare anche lei nella chiesa. Ma al momento di varcare la soglia, sentì una forza invisibile che la respingeva. Tentò di nuovo di entrare, ma fu ancora respinta e così pure la terza e la quarta volta. Si ritirò allora in un angolo dell'atrio dove, illuminata dal Signore, capì che per la sua vita sciagurata veniva rigettata anche dalla casa di Dio. Per sua fortuna, alzò gli occhi e vide un'immagine dipinta di Maria. A lei si volse piangendo e le disse: « O Madre di Dio, abbi pietà di questa povera peccatrice. Lo riconosco, per i miei peccati non merito che tu mi guardi, ma tu sei il rifugio dei peccatori; per amore di Gesù tuo Figlio aiutami, fammi entrare in chiesa. Io voglio cambiare vita e andare a far penitenza dove tu mi indicherai ». Udì allora una voce interiore, come se le avesse risposto la santa Vergine: « Ebbene, poiché sei ricorsa a me e vuoi cambiare vita, entra nella chiesa: la porta non sarà più chiusa per te ». La peccatrice entra, adora la croce e piange. Ritorna davanti all'immagine e dice: « Signora, eccomi pronta: dove vuoi che io mi ritiri a far penitenza? ». « Va', risponde la Vergine, passa il Giordano e troverai il luogo del tuo riposo ». La donna si confessa, si comunica, passa il fiume, arriva nel deserto e capisce che è questo il luogo della sua penitenza. Nei primi diciassette anni che la santa passò nel deserto subì assalti di ogni genere da parte dei demoni che volevano farla cadere di nuovo in peccato. Allora si raccomandava a Maria e Maria le ottenne la forza di resistere durante tutti quei diciassette anni, dopo i quali cessarono le battaglie. Infine, dopo cinquantasette anni di questa vita nel deserto, all'età di ottanta-sette anni, la divina Provvidenza volle che incontrasse l'abate san Zosimo. Gli raccontò tutta la sua vita e lo pregò di tornare l'anno seguente e di portarle la santa comunione. Egli tornò e la comunicò. Secondo il desiderio che la santa gli aveva espresso, Zosimo tornò di nuovo, ma questa volta la trovò morta. Il suo corpo era circondato di luce e vicino alla testa erano scritte queste parole: « Seppellisci in questo luogo me, misera peccatrice, e prega Dio per me ». Zosimo la seppellì, con l'aiuto di un leone che venne a scavare la fossa e, ritornato nel suo monastero, raccontò le meraviglie della divina misericordia in favore di questa felice penitente.
 
 
Il parroco di un paese era stato chiamato al capezzale di un ricco che stava morendo in una casa magnificamente addobbata, assistito da servi, parenti e amici. Ma vide i diavoli in forma di cani pronti a prendersi quella povera anima, come infatti la presero, poiché il ricco morì in peccato. In quel mentre il parroco fu mandato a chiamare da una povera donna che era in fin di vita e desiderava ricevere i santi sacramenti. Non potendo lasciare quel ricco che aveva tanto bisogno della sua assistenza, egli vi mandò un altro sacerdote. Questi prese la pisside col SS. Sacramento e andò. Arrivato nella stanza di quella brava donna, non vede né servi, né amici premurosi, né mobili preziosi, perché l'inferma era povera e forse stava coricata sopra un po' di paglia. Ma in quella stanza vede una gran luce e vicino al letto della moribonda scorge la Madre di Dio che la consolava e con un pannolino in mano le asciugava il sudore dell'agonia. A questa vista, il sacerdote non aveva il coraggio di entrare, ma la Vergine gli fece cenno di avvicinarsi. Egli entrò e Maria gli prese uno sgabello per farlo sedere ad ascoltare la confessione della sua serva. Poi la moribonda si comunicò con grande devozione e infine esalò dolcemente l'anima nelle mani di Maria.
 
 
Nella quarta parte del Tesoro del rosario (al miracolo 85), si narra che un cavaliere molto devoto alla divina Madre aveva preparato nel suo palazzo un oratorio dove, davanti a una bella immagine di Maria, si tratteneva spesso a pregare non solo di giorno, ma anche di notte, interrompendo il riposo per andare ad onorare la sua amata regina. La moglie, donna per altro molto pia, essendosi accorta che il marito quando nella casa il silenzio era più profondo si alzava dal letto e ritornava nella stanza dopo molto tempo, cominciò ad essere gelosa e ad avere dei sospetti. Perciò un giorno per liberarsi da questo assillo che la tormentava si azzardò a domandare al marito se amasse un'altra donna. Sorridendo il cavaliere le rispose: « Sappi che io amo la signora più amabile del mondo. A lei ho donato tutto il mio cuore e potrei morire piuttosto che cessare di amarla. Se tu la conoscessi, mi diresti tu stessa di amarla più di quanto io ora la ami ». Egli intendeva parlare della santa Vergine che amava con tanta tenerezza. Ma la moglie, più che mai insospettita, per meglio accertarsi della verità, gli chiese se ogni notte si alzava dal letto e usciva dalla camera per incontrare quella signora. Il cavaliere, che non si rendeva conto del grande turbamento della moglie, rispose di sì. La donna, sempre più convinta della verità dei suoi sospetti infondati, accecata dalla passione, una notte in cui il marito secondo il suo solito uscì dalla camera, disperata prese un coltello, si tagliò la gola e poco dopo morì. Terminate le sue devozioni, il cavaliere ritorna nella stanza, va per rimettersi a letto, ma lo trova tutto bagnato. Chiama la moglie che non risponde, la scuote, ma la donna rimane insensibile. Alla fine prende il lume, vede il letto pieno di sangue e la moglie con la gola ferita, morta. Allora capì che la donna si era uccisa per gelosia. Chiuse a chiave la stanza e ritornato nella cappella si prostrò davanti all'immagine della santa Vergine. « Madre mia, cominciò a dire piangendo dirotta mente, vedi in quale afflizione mi trovo. Se non mi consoli tu, a chi devo ricorrere? Pensa che per venire ad onorare te, ho avuto la disgrazia di vedere mia moglie morta e dannata. Madre mia, tu puoi porre rimedio a questa sventura; fallo, te ne prego! ». Chi prega questa Madre di misericordia con fiducia, ottiene da lei quello che vuole. Appena il cavaliere ha finito la sua preghiera, ecco che una serva viene a dirgli di tornare nella sua stanza perché la moglie lo chiama. La sua gioia è tale che egli non riesce a crederci e dice alla ragazza di andare a vedere se veramente la moglie vuole vederlo. La servetta ritorna: « Sì, andate presto, perché la padrona vi sta aspettando ». Va, apre la porta e vede la moglie viva che si butta ai suoi piedi piangendo e lo prega di perdonarlo: « Ah, sposo mio, la Madre di Dio per le tue preghiere mi ha liberata dall'inferno ». Così tutti e due piangendo di gioia andarono a ringraziare la santa Vergine nell'oratorio. La mattina seguente il marito invitò a un banchetto tutti i parenti ai quali fece narrare il fatto dalla moglie stessa, che mostrava il segno lasciato dalla ferita e ognuno sentì crescere in sé l'amore per la divina Madre.
 
 
Il beato Giovanni Erolto, che per umiltà si chiamava « il discepolo », narra che vi era un uomo sposato, il quale viveva in stato di peccato. La moglie, donna pia, non potendo indurlo a convertirsi, lo pregò di fare almeno un atto di omaggio alla Madre di Dio: salutarla con un'Ave Maria ogni volta che fosse passato davanti a una sua immagine. Il marito cominciò a praticare questa devozione. Una notte, mentre andava ad abbandonarsi ancora una volta al peccato, vide una luce, guardò bene e si accorse che era una lampada che ardeva davanti a un'immagine di Maria con Gesù bambino in braccio. Disse l'Ave Maria secondo il solito, ma vide il bambino tutto coperto di piaghe grondanti sangue fresco. Atterrito e commosso a un tempo, pensando che con i suoi peccati aveva così ferito il suo Redentore, comincio a piangere, ma vide che il bambino gli voltava le spalle. Perciò tutto confuso ricorse alla santa Vergine dicendo: « Madre di misericordia, tuo Figlio mi scaccia; io non posso trovare altra avvocata più pietosa e più potente di te che gli sei Madre. Mia regina, aiutami tu, pregalo per me ». La divina Madre gli rispose: « Voi peccatori mi chiamate madre di misericordia, ma poi non cessate di fare di me una madre di miseria, rinnovando al mio Figlio la Passione e a me i dolori ». Tuttavia poiché Maria non sa lasciare andar via sconsolato chi si getta ai suoi piedi, si voltò a pregare il Figlio perché perdonasse quel misero. Gesù seguitava a mostrarsi riluttante a concedere il suo perdono, ma la santa Vergine deponendo il bambino nella nicchia, gli si prostrò davanti dicendo: « Figlio, non mi alzerò dai tuoi piedi finché non perdonerai questo peccatore ». Gesù rispose: « Madre, io non posso rifiutarti niente; vuoi che lo perdoni? Per amor tuo lo perdono, fallo venire a baciare queste mie piaghe ». Il peccatore andò a baciarle piangendo dirottamente e come baciava le piaghe del bambino, esse guarivano. Infine Gesù lo abbracciò in segno di perdono e da allora in poi il peccatore si diede a una vita santa testimoniando tutto il suo amore per la Vergine che gli aveva ottenuto una grazia così grande.
 
 
  • San Francesco di Sales, come si narra nella sua Vita, sperimentò l'efficacia di questa preghiera. Il santo aveva circa diciassette anni e si trovava allora a Parigi dove si applicava agli studi, tutto dedito alla devozione e all'amore di Dio, che gli faceva gustare in anticipo le delizie del paradiso. Il Signore, per metterlo alla prova e legarlo maggiormente al suo amore, permise che il demonio gli facesse pensare che tutto quel che faceva era fatica sprecata e che egli era condannato nei decreti divini. Nello stesso tempo Dio volle lasciarlo nell'oscurità e nell'aridità. In quel periodo il giovinetto era insensibile ai più dolci pensieri sulla bontà divina e la tentazione accresceva l'afflizione del suo cuore. Per questi timori e per queste sofferenze egli perse l'appetito, il sonno, il colorito e l'allegria, tanto che ispirava compassione a chi lo guardava. Mentre durava questa orribile tempesta, il santo non sapeva concepire altri pensieri né proferire altre parole che di sfiducia e di dolore. « Dunque, diceva, io sarò privo della grazia del mio Dio, che in passato si è mostrato così amabile e così dolce verso di me? O amore, o bellezza a cui ho consacrato tutti i miei affetti, io non godrò più le tue consolazioni? O Vergine Madre di Dio, la più bella di tutte le figlie di Gerusalemme, non ti potrò dunque vedere in paradiso? Mia regina, se non potrò vedere il tuo bel viso, non permettere almeno che io ti debba bestemmiare e maledire nell'inferno ». Questi erano allora i teneri sentimenti di quel cuore afflitto e amante di Dio e della Vergine. La tentazione durò un mese, ma finalmente il Signore si compiacque di liberarlo per mezzo della consolatrice del mondo, Maria, a cui il santo aveva già consacrato la sua verginità e in cui diceva di aver riposto tutte le sue speranze. Una sera, mentre tornava a casa, entrò in una chiesa e vide una tavoletta appesa al muro su cui lesse la seguente preghiera di sant'Agostino. « Ricordati, o pietosissima Maria, che non si è inteso mai che alcuno sia ricorso al tuo patrocinio e sia stato da te abbandonato ». Prostrato davanti all'altare della divina Madre, recitò devotamente questa preghiera, rinnovò il suo voto di verginità, promise di recitare ogni giorno il rosario e soggiunse: « Mia regina, sii mia avvocata presso tuo Figlio a cui non ho l'ardire di ricorrere. Madre mia, se io infelice non potrò amare nell'altro mondo il mio Signore, che so così degno di essere amato, ottienimi almeno che io lo ami più che posso in questo mondo. Questa è la grazia che ti domando e da te spero ». Così pregò la Vergine e poi si abbandonò senza riserve tra le braccia della divina misericordia, rassegnandosi completamente alla volontà di Dio. Ma appena finita la preghiera, in un istante la sua dolce Madre lo liberò dalla tentazione; subito egli ritrovò la pace interiore e ad un tempo la salute del corpo. Da allora in poi continuò a professare una grande devozione verso Maria e per tutta la vita non cessò di celebrare le sue lodi e la sua misericordia con le prediche e con gli scritti.
 
 
Nella città di Reichersperg, in Baviera, viveva il canonico regolare Arnoldo, molto devoto alla santa Vergine. In punto di morte, ricevette i sacramenti e, dopo aver chiamato i suoi confratelli, li pregò di non abbandonarlo in quel momento supremo. Ed ecco che alla loro presenza cominciò a tremare, a stravolgere gli occhi e, tutto coperto di sudore freddo, disse con voce agitata: « Non vedete quei demoni che mi vogliono trascinare all'inferno? ». Poi gridò: « Fratelli miei, invocate per me l'aiuto di Maria; confido in lei che mi darà la vittoria ». I religiosi si misero a recitare le litanie della Madonna e mentre dicevano: « Sancta Maria, ora pro eo », il moribondo riprese: « Ripetete, ripetete il nome di Maria, perché sono già al tribunale di Dio ». Dopo un momento di silenzio soggiunse: « E’ vero che l'ho commesso, ma ne ho fatto penitenza ». E rivolgendosi alla Vergine, disse: « Maria, se tu mi aiuti, io sarò liberato ». I demoni tornarono all'assalto, ma egli si difendeva facendosi il segno della croce e invocando Maria. Così passò tutta quella notte. Giunto il mattino, Arnoldo, tutto rasserenato, esclamò con gioia: « Maria, mia regina e mio rifugio, mi ha ottenuto il perdono e la salvezza ». Poi, guardando la Vergine che lo invitava a seguirla, disse: « Vengo, Signora, vengo ». Fece uno sforzo per alzarsi, ma, non potendo seguirla col corpo, spirò dolcemente e, come speriamo, la seguì con l'anima nel regno della gloria beata.
 
 
Il Belluacense (Vincenzo di Beauvais) e il Cesario narrano che un giovane nobile che il padre aveva lasciato ricco, essendosi ridotto per i suoi vizi così povero che doveva mendicare, si allontanò dalla patria per andare a vivere con minor vergogna in un paese lontano dove non fosse conosciuto. Durante il viaggio incontrò un vecchio servo di suo padre il quale, vedendolo così afflitto per la povertà in cui era caduto, gli disse di farsi coraggio perché voleva presentarlo a un principe molto generoso che lo avrebbe provveduto di tutto. Ma il vecchio servo era un empio stregone. Un giorno, prese con sé il povero giovane e lo portò attraverso un bosco fino a uno stagno dove cominciò a parlare con una persona che non si vedeva; sicché il giovane gli domandò con chi parlasse. Rispose: « Con il demonio ». Vedendo il giovane spaventato, gli disse di non temere e seguitò a parlare con il demonio: « Signore, questo giovane è ridotto in miseria estrema e vorrebbe ritornare nella sua condizione originaria ». « Se vorrà ubbidirmi, rispose lo spirito del male, lo renderò più ricco di prima; ma anzitutto deve rinnegare Dio ». A queste parole il giovane inorridì, ma poi, istigato da quel maledetto mago, rinnegò Dio. « Non basta, riprese il demonio; bisogna che rinneghi anche Maria. Da lei infatti derivano le nostre maggiori perdite. Quante anime toglie dalle nostre mani, le riconduce a Dio e le salva! ». « Questo no! rispose il giovane. Non rinnegherò la Madre mia che è tutta la mia speranza. Preferisco piuttosto andar mendicando per tutta la vita ». E si allontanò da quel luogo. Mentre se ne ritornava, si trovò a passare davanti a una chiesa « Ma quest'ingrato, Madre mia, mi ha rinnegato ». Vedendo però che la Madre non cessava di pregarlo, rispose infine: « Madre, io non ti ho negato mai niente; sia perdonato, poiché tu me lo chiedi ». Un uomo, che aveva comperato i beni di quel dissipatore, assisteva segretamente a questa scena. Avendo visto la misericordia di Maria verso quel peccatore, gli diede per moglie la sua unica figlia e lo nominò erede di tutti i suoi averi. Così il giovane per mezzo di Maria ricuperò la grazia di Dio e anche i beni temporali.
 
 
  • È famosa la storia di Teofilo scritta da Eutichiano, patriarca di Costantinopoli, che fu testimone oculare del fatto qui narrato e che è confermata da san Pier Damiani, da san Bernardo, san Bonaventura, sant'Antonino e altri citati dal padre Crasset. Teofilo era arcidiacono della chiesa di Adana, città della Cilicia. Era tanto stimato che il popolo lo voleva come suo vescovo, ma egli rifiutò per umiltà. In seguito però ad accuse di alcuni calunniatori, egli fu deposto dalla sua carica e ne provò un tale dolore che, accecato dalla passione, andò a trovare un mago ebreo il quale lo fece incontrare con Satana, perché lo aiutasse nella sua disgrazia. Il demonio rispose che se voleva il suo aiuto doveva rinunziare a Gesù e a Maria sua Madre e consegnargli l'atto di rinunzia scritto di propria mano. Teofilo scrisse l'atto esecrando. Il giorno seguente il vescovo, avendo saputo il torto che gli era stato fatto, gli chiese perdono e lo reintegrò nella sua carica. Allora Teofilo, lacerato dai rimorsi per l'enorme peccato commesso, non faceva altro che piangere. Se ne va quindi in una chiesa, si butta piangendo ai piedi di un'immagine di Maria e dice: « Madre di Dio, io non mi voglio disperare, poiché tu sei così pietosa e mi puoi aiutare ». Passò così quaranta giorni a piangere e a pregare la santa Vergine.Ed ecco che una notte la Madre di misericordia gli appare e gli dice: « Teofilo, che hai fatto? Hai rinunziato all'amicizia mia e di mio Figlio e per chi? Per il nemico mio e tuo ». « Signora, rispose Teofilo, ci devi pensare tu a perdonarmi e a farmi perdonare da tuo Figlio ». Allora Maria, vedendo la sua fiducia, gli disse: « Fatti coraggio, perché voglio pregare Dio per te ». Rianimato da queste parole Teofilo raddoppiò le lacrime, le penitenze e le preghiere, rimanendo davanti a quell'immagine. Ed ecco che Maria gli comparve di nuovo e con aria gioiosa gli disse: « Teofilo, rallègrati; ho presentato le tue lacrime e le tue preghiere a Dio. Egli le ha accettate e già ti ha perdonato, ma da oggi in poi sii grato e fedele a lui ». « Signora, replicò Teofilo, ciò non mi basta per essere pienamente consolato; il demonio ha ancora in mano sua quell'atto esecrando in cui ho rinunziato a te e a tuo Figlio. Tu puoi farmelo restituire ». Tre giorni dopo Teofilo si sveglia di notte e si trova sul petto lo scritto. L'indomani, mentre il vescovo stava in chiesa alla presenza di una grande folla, Teofilo andò a gettarsi ai suoi piedi, gli narrò tutto il fatto piangendo dirottamente e gli consegnò l'infame scritto, che il vescovo fece subito bruciare davanti a tutta la gente che piangeva di gioia, esaltando la bontà di Dio e la misericordia di Maria verso quel misero peccatore. Teofilo ritornò nella chiesa della Vergine e li dopo tre giorni morì serenamente, ringraziando Gesù e la sua santa Madre.
 
 
Quanto sia grande la sua pietà per i miseri peccatori, la nostra avvocata lo mostrò mirabilmente verso Beatrice, monaca nel monastero di Fontevrault, come riferiscono il monaco cistercense Cesario e il padre Rho. Questa infelice religiosa, vinta dalla passione per un certo giovane, stabilì di fuggire con lui. Così, un giorno depose davanti a un'immagine di Maria le chiavi del monastero di cui era portinaia e sfacciatamente se ne andò. Giunta in un altro paese, si diede a fare la donna pubblica e visse quindici anni in questo stato miserabile. Avvenne poi che in quella città incontrò il fattore del monastero e, pensando di non essere riconosciuta, gli domandò se conosceva suor Beatrice. « Si che la conosco, rispose egli, è una monaca santa, che ora è maestra delle novizie ». A queste parole ella restò confusa e stupita, non potendo comprendere come ciò fosse possibile. Perciò, alfine di appurare la verità, si travestì e si recò al monastero. Lì fece chiamare suor Beatrice, ed ecco che le comparve davanti la santa Vergine sotto le sembianze di quell'immagine a cui, fuggendo dal monastero, aveva consegnato le chiavi e le vesti. La divina Madre così le parlò: « Beatrice, sappi che, per impedire il tuo disonore, ho preso il tuo aspetto e per questi quindici anni che sei vissuta lontana dal monastero e da Dio, ho eseguito in tua vece il tuo lavoro. Figlia, torna, fa' penitenza, perché mio Figlio ancora ti aspetta e, vivendo virtuosamente, cerca di conservare il buon nome che ti ho guadagnato ». Dette queste parole, scomparve. Allora Beatrice rientrò nel monastero, riprese l'abito da religiosa e grata a Maria per la sua così grande misericordia visse da santa. Poi, in punto di morte, raccontò tutto a gloria della santa Vergine.
 
 
Alano della Rupe e il padre Bonifacio narrano che a Firenze viveva una giovane chiamata Benedetta, ma che meglio si sarebbe potuta chiamare maledetta per la vita scandalosa e disonesta che conduceva allora. Per sua fortuna san Domenico capitò a predicare in quella città ed ella andò un giorno ad ascoltarlo per semplice curiosità. Ma attraverso quella predica il Signore ispirò nel cuore di lei un sentimento di contrizione tale che, piangendo dirottamente, Benedetta andò a confessarsi dal santo. San Domenico la confessò, l'assolse e le ordinò di recitare il rosario. Ma l'infelice, cedendo alle cattive abitudini, riprese la sua vita sciagurata. Il santo lo seppe, l'andò a trovare e ottenne che si confessasse di nuovo. Per confermarla nella vita onesta, Dio un giorno le fece vedere l'inferno e le mostrò alcuni che per causa sua si erano dannati. Poi, aperto un libro, le fece leggere lo spaventoso elenco dei suoi peccati. A tal vista la penitente inorridì e piena di fiducia ricorse a Maria affinché l'aiutasse. La divina Madre le fece capire che già impetrava per lei da Dio il tempo necessario per piangere le sue tante scelleratezze. La visione finì e Benedetta si diede a una vita onesta. Ma aveva sempre davanti agli occhi quel funesto elenco che le era stato mostrato e un giorno si mise a pregare così la sua consolatrice: « Madre, è vero che per i miei peccati ora dovrei stare nel fondo dell'inferno, ma poiché con la tua intercessione me ne hai liberato ottenendomi il tempo di fare penitenza, Signora pietosissima, ti chiedo quest'altra grazia: io non voglio cessare mai di piangere i miei peccati, ma fa' che essi siano cancellati da quel libro ». Le apparve allora Maria e le disse che per ottenere quello che chiedeva, bisognava che da allora in poi avesse sempre presente il pensiero dei suoi peccati e della misericordia usatale da Dio; che si ricordasse della Passione che suo Figlio aveva sofferto per lei; che considerasse quanti per meno colpe delle sue si erano dannati e le rivelò che quel giorno un fanciullo di otto anni per un solo peccato doveva essere mandato all'inferno. Benedetta ubbidì fedelmente alla santa Vergine ed ecco che un giorno vide apparire Gesù Cristo che mostrandole quel libro le disse: « I tuoi peccati sono cancellati. Il libro è tutto bianco; scrivici ora atti di amore e di virtù ». Così fece Benedetta e dopo una santa vita morì santamente.
 
 
Nelle Cronache dei padri Cappuccini si narra che a Venezia vi era un celebre avvocato il quale, essendo divenuto ricco con inganni e truffe, viveva in uno stato riprovevole. L'unica cosa buona che faceva era di recitare ogni giorno una preghiera alla santa Vergine. Eppure questa semplice devozione gli valse a scampare alla morte eterna per la misericordia di Maria. Ecco come. Per sua fortuna quest'avvocato strinse amicizia con il padre Matteo da Basso e tanto insistette perché venisse a pranzare a casa sua, che finalmente il religioso accettò l'invito. Quando arrivò nella sua casa, l'avvocato gli disse: « Padre, voglio farle vedere una cosa che non avrà mai veduto. Ho una scimmia straordinaria che mi serve come un valletto, lava i bicchieri, apparecchia, mi apre la porta ». « Guardi, rispose il padre, che non sia una scimmia, ma qualcosa di più. La faccia venire qui ». Chiamano la scimmia, la richiamano, la cercano dappertutto, ma la scimmia non compare. Finalmente viene trovata nascosta sotto un letto nel basso della casa, ma non voleva uscire da. Allora il religioso disse: « Andiamo noi a prenderla » e, giunto con l'avvocato nel punto in cui si trovava la scimmia, esclamò: « Bestia infernale, esci fuori; da parte di Dio ti comando di dire chi sei ». La scimmia rispose di essere il demonio e che stava aspettando che quel peccatore tralasciasse un giorno di dire la sua solita preghiera alla Madre di Dio, perché, la prima volta che l'avesse tralasciata, egli aveva da Dio il permesso di affogarlo e di portarlo all'inferno. A tali parole il povero avvocato si buttò in ginocchio chiedendo aiuto al servo di Dio, il quale lo confortò e comandò al demonio di allontanarsi da quella casa senza fare alcun danno. « Solo ti permetto, gli disse, che per mostrare che sei andato via tu faccia un buco nel muro di questa casa». Appena ebbe detto ciò, con gran fracasso, si vide apparire un apertura nel muro. Più volte essa venne chiusa con calce e pietre, ma Dio volle che restasse visibile per molto tempo, finché per consiglio del servo di Dio vi fu posto un marmo con la figura di un angelo. L'avvocato si convertì e noi speriamo che da allora in poi abbia perseverato nel cambiamento di vita fino alla morte.
 
 
Fonte: Le Glorie di Maria (Di S. Alfonso Maria De Liguori)

 

Storie Vere da Brivido

La Madre non dimentica....

"Si narra appresso il padre Auriemma (Affetti scamb., tom. 2, cap. 7) che una povera pastorella, che guardava gli armenti, amava tanto Maria, che tutta la sua delizia era andarsene in una cappelletta di nostra Signora, che stava nella montagna, ed ivi ritirarsi, mentre pascevano le pecorelle, a parlare ed a fare onori alla sua cara Madre. Vedendo che quell'immaginetta di Maria, ch'era di rilievo, stava disadorna, si pose colle povere fatiche delle sue mani a farle un manto. Un giorno avendo raccolti dal campo alcuni fiori, ne compose una ghirlanda, e poi salita sull'altare di quella cappelletta, la pose in testa all'immagine, dicendo: Madre mia, io vorrei porvi sulla fronte una corona d'oro e di gemme; ma perché son povera, ricevete da me questa povera corona di fiori, e accettatela in segno dell'amor che vi porto. Così e con altri ossequi procurava sempre questa divota verginella di servire ed onorare la sua amata Signora.Ma vediamo ora come la buona Madre all'incontro rimunerò le visite e l'affetto di questa sua figlia.

Cadde ella inferma e si ridusse vicino a morte. Avvenne che due religiosi, passando per quelle contrade, stracchi dal viaggio, si posero a riposare sotto d'un albero: l'uno dormiva, l'altro vegliava; ma ebbero la stessa visione. Videro una compagnia di donzelle bellissime, e fra queste ve n'era una che in bellezza e maestà superava tutte. A questa dimandò un di loro: Signora, chi siete voi? Io, rispose, sono la Madre di Dio, che con queste sante vergini andiamo a visitare nella vicina villa una pastorella moribonda, la quale tante volte ha visitato me. Così disse, e sparvero. Dopo ciò dissero tutti due quei buoni servi di Dio: Andiamo a vederla ancor noi. Si avviarono, e trovando già la casa dove stava la vergine moribonda, entrarono in un piccolo tugurio, ed ivi sopra un poco di paglia la trovarono giacendo. La salutarono; ed ella disse loro: Fratelli, pregate Dio, che vi faccia vedere la compagnia che m'assiste. S'inginocchiarono subito, e videro Maria che stava accanto alla moribonda con una corona in mano e la consolava. Ecco quelle sante vergini cominciano a cantare, e a quel dolce canto si scioglie dal corpo quell'anima benedetta. Maria le pone in testa la corona, e prendendosi l'anima, se la porta seco nel paradiso. "

 

S.Alfonso Maria de Liguori

 

Fatti storici realmente accaduti pregando il Santo Rosario

(raccolti da San Luigi Maria Grignion de Montfort
 nel suo libro "IL SEGRETO MERAVIGLIOSO DEL SANTO ROSARIO")

I°Parte

" ...Se sarete fedeli a recitarlo devotamente fino alla morte, nonostante l'enormità delle vostre colpe, credetemi: «riceverete la corona di gloria che non appassisce» (1 Pt 5,4). Anche se vi trovate sull'orlo dell'abisso o con un piede nell'inferno, se avete perfino venduto l'anima al diavolo come uno stregone o siete un eretico indurito e ostinato come un demonio, presto o tardi vi convertirete e vi salverete. Purché — lo ripeto e notate bene i termini del mio consiglio — diciate devotamente ogni giorno fino alla morte il santo Rosario, per conoscere la verità ed ottenere la contrizione ed il perdono dei vostri peccati. Troverete in questo libro parecchi esempi di grandi peccatori convertiti per mezzo del santo Rosario. Leggeteli e meditateli."

San Luigi Maria Grignion de Montfort

 

Seguono i fatti storici realmente accaduti a coloro che hanno iniziato a pregare il Santo Rosario:

    «Due sorelline stavano sull'uscio di casa a recitare devotamente il Rosario, quando apparve una bella Signora che avvicinatasi alla più piccola, di circa sette anni, la prese per mano e la condusse con sé. La sorella maggiore, meravigliata, ne va alla ricerca, non la trova e rientra piangente in casa per avvertire che hanno rapito la sorella. Il papà e la mamma la cercano inutilmente per tre giorni, finché alla sera del terzo giorno la trovano sulla soglia di casa. Era lieta in volto e festosa. Le chiedono da dove venga ed ella risponde che la Signora, alla quale diceva il suo Rosario, l'aveva condotta in un bel luogo, le aveva dato cose buone da mangiare e le aveva deposto sulle braccia un grazioso bambino, al quale lei aveva dato tanti baci. I genitori, da poco convertiti alla fede, chiamano il padre gesuita che li aveva istruiti nella fede e nella devozione al Rosario e gli raccontano l'accaduto. Da lui stesso abbiamo appreso questo fatto avvenuto nel Paraguay» (Antoine Boissieu, S.J., Le Chrétien prédestiné par la dévotion à la Sainte Vierge).




    «San Domenico, constatando che i peccati degli uomini erano di ostacolo alla conversione degli Albigesi, si ritirò in una foresta presso Tolosa e vi restò tre giorni e tre notti in continua preghiera e penitenza. E tali furono i suoi gemiti e i suoi pianti, le sue penitenze a colpi di disciplina per placare la collera di Dio che cadde svenuto. La Vergine santa gli apparve allora accompagnata da tre principesse del cielo e gli disse: "Sai tu, mio caro Domenico, di quale arma si servì la SS. Trinità per riformare il mondo?" — "Signora mia — le rispose — tu fosti lo strumento principale della nostra salvezza". Ella soggiunse: "Sappi che l'arma più efficace è stato il Salterio angelico, che è il fondamento della Nuova Alleanza; perciò se tu vuoi conquistare a Dio quei cuori induriti, predica il mio Salterio".
Il santo si ritrovò consolato e, ardente di zelo per la salvezza di quelle popolazioni, andò nella cattedrale. Immediatamente le campane, mosse dagli angeli, suonarono a distesa per radunare gli abitanti. All'inizio della sua predica si scatenò un furioso temporale; il suolo sussultò, il sole si oscurò, tuoni e lampi continui fecero impallidire e tremare tutto l'uditorio. Il loro spavento crebbe quando videro una effige della Vergine, esposta in un luogo ben visibile, alzare per tre volte le braccia al cielo e chiedere la vendetta di Dio su di loro, qualora non si convertissero e non ricorressero alla protezione della santa Madre di Dio. Questo prodigio del cielo infuse la più alta stima per la nuova devozione del Rosario e ne estese la conoscenza.
Il temporale finalmente cessò per le preghiere di san Domenico, che proseguì il discorso spiegando l'eccellenza del santo Rosario con tanto fervore ed efficacia da indurre quasi tutti gli abitanti di Tolosa ad abbracciarne la pratica e a rinunciare ai propri errori. In breve tempo si notò nella città un grande cambiamento di costumi e di vita» (Rosier mystique, 1ª decina, c. 3).



    "Un giorno — ricorreva la festa di san Giovanni Evangelista — il santo stava in una cappella dietro l'altare maggiore della cattedrale di Notre-Dame a Parigi e recitava il santo Rosario per prepararsi a predicare. La Vergine gli apparve e disse: «Domenico, la predica che hai preparato è buona, ma molto migliore è questa che ti presento». San Domenico riceve dalle mani di lei il libro in cui è scritto il discorso, lo legge, lo gusta, lo fa suo e ringrazia la Vergine santa. All'ora della predica sale il pulpito e, dopo aver detto in lode di san Giovanni Evangelista soltanto ch'egli aveva meritato di essere il custode della Regina del cielo, dichiara all'illustre uditorio dei grandi e dei dottori abituati a discorsi singolari e forbiti, che avrebbe continuato non con le dotte parole della sapienza umana, ma con la semplicità e la forza dello Spirito Santo. E li intrattenne sul Rosario, spiegando loro, parola per parola come avrebbe fatto parlando a fanciulli, il Saluto angelico, servendosi dei pensieri e degli argomenti molto semplici letti sul foglio che gli era stato consegnato dalla Vergine santa.


  
" Il fatto è stato tolto, almeno in parte, dal libro del beato Alano della Rupe: De Dignitate Psalterii, e così riferito dal Cartagena. «Il beato Alano afferma che san Domenico gli disse un giorno in una rivelazione: "Figlio mio, tu predichi, e sta bene; ma perché tu non abbia a ricercare la lode umana più che la salvezza delle anime, ascolta quanto mi accadde a Parigi. Dovevo predicare nella grande chiesa dedicata alla beata Vergine Maria e volevo parlare in modo ingegnoso, non per orgoglio ma per riguardo alla qualità elettissima degli uditori. Mentre pregavo, come ero solito per un'ora circa prima del discorso, recitando il Rosario, fui rapito in estasi. Vidi la divina Madre, mia amica, porgermi un libretto e dirmi: "Domenico, per quanto sia ben fatto il discorso che conti di tenere, io te ne porto uno molto migliore". Tutto lieto prendo il libro, me lo leggo per intero e, come ella aveva detto, vi trovo ciò che bisognava predicare. La ringraziai di cuore. Venuta l'ora di predicare, avevo davanti l'intera Università di Parigi ed un gran numero di signori, informati o testimoni essi pure, delle meraviglie operate dal Signore per mio mezzo. Salgo all'ambone. Era la festività di san Giovanni Evangelista, ma dell'apostolo io mi limito a dire che meritò di essere prescelto come custode della Regina del cielo. Poi passai a dire così all'uditorio: "Signori e Maestri illustri, voi siete abituati ad ascoltare discorsi eleganti ed elevati, però oggi non voglio rivolgervi le dotte parole della sapienza umana, ma rivelarvi lo Spirito di Dio e la sua forza"". E allora, nota Cartagena insieme al beato Alano, S. Domenico spiegò, con paragoni e similitudini familiari, il Saluto angelico»."




    "Lo stesso beato Alano della Rupe, come riferisce ancora il Cartagena, racconta di parecchie altre apparizioni di Nostro Signore e della Vergine santa a san Domenico per stimolarlo ed infervorarlo sempre più a predicare il santo Rosario per distruggere il peccato e convertire i peccatori e gli eretici. Ad un certo punto il Cartagena scrive: «Il Beato Alano racconta che la beata Vergine gli rivelò come suo Figlio Gesù Cristo era apparso a san Domenico, e gli aveva detto: "Domenico, io mi compiaccio nel constatare che non ti appoggi sulla tua personale sapienza, che lavori con umiltà alla salvezza delle anime e non cerchi di piacere agli uomini vani. Molti predicatori, invece, usano fin dal principio tuonare contro i peccati più gravi, ignorando che prima di somministrare un rimedio disgustoso bisogna disporre il malato a riceverlo e a profittarne. Per questo devono innanzitutto esortare gli uditori ad amare la preghiera e specialmente il mio Salterio angelico. Se tutti incominceranno a pregare così, senza dubbio la divina clemenza sarà propizia a quanti persevereranno. Predica dunque il mio Salterio"».



 
    "...nel 1460 [...] Nostro Signore Gesù Cristo — come egli stesso [il Beato Alano] riferisce — gli disse dall'Ostia Santa mentre celebrava la Messa, per deciderlo a predicare il Rosario: «Ma come, di nuovo tu mi metti in croce?».
«Che dici mai, Signore?», rispose il beato Alano, spaventato.
«Sì, sono i tuoi peccati che mi crocifiggono — soggiunse Gesù Cristo — e preferirei venir crocifisso un'altra volta piuttosto che vedere il Padre mio nuovamente offeso dai peccati che hai commesso in passato. E anche adesso tu mi crocifiggi poiché possiedi la scienza e quanto occorre per predicare il Rosario di mia Madre e con questo mezzo istruire e togliere dal peccato tante anime in modo da salvarle ed impedire grandi mali, ma tu non lo fai e così sei colpevole dei peccati che si commettono». Questi tremendi rimproveri fecero decidere il beato Alano a predicare senza posa il Rosario.
La Vergine santa, gli disse pure un giorno per animarlo sempre più a predicare il Rosario: «Tu sei stato un grande peccatore in gioventù, ma io ottenni da mio Figlio la tua conversione. Ho pregato per te ed avrei perfino desiderato, se fosse stato possibile, di soffrire ogni sorta di pene per salvarti, perché i peccatori convertiti sono la mia gloria, e per renderti degno di predicare dappertutto il mio Rosario».

S. Domenico svelandogli i grandi frutti ottenuti da lui nelle popolazioni per mezzo di questa bella devozione da lui continuamente predicata, gli disse: «Vedi il frutto che ho colto predicando il Rosario? Fatelo anche voi, tu e tutti quanti amate la Vergine santa, se volete attirare tutti i popoli alla vera scienza delle virtù per mezzo di questo santo esercizio del Rosario»."



   

    «Il fratello Alfonso Rodriguez della Compagnia di Gesù, recitava il Rosario con tale ardore che vedeva spesso uscire dalla sua bocca ad ogni Padre nostro una rosa vermiglia e ad ogni Ave Maria una rosa bianca, uguale in bellezza e fragranza, diversa solo nel colore.
Le cronache di S. Francesco raccontano che un giovane religioso aveva la lodevole abitudine di recitare ogni giorno prima del pasto la corona della Vergine santa.
Un giorno, non si sa per qual motivo, la omise. Quando suonò l'ora del pranzo, egli pregò il superiore di permettergli di recitarla prima di sedersi a tavola e col suo permesso si ritirò in cella. Tardando molto a ripresentarsi, il superiore mandò un religioso a chiamarlo. Il confratello lo trovò risplendente di luce celeste; la Vergine e due angeli erano accanto a lui. Ad ogni Ave Maria usciva dalla sua bocca una bella rosa: gli angeli raccoglievano le rose, una dopo l'altra e le ponevano sul capo della Vergine che se ne dimostrava visibilmente soddisfatta.
Altri due religiosi, mandati a vedere quale fosse la causa di tanto ritardo, poterono anch'essi ammirare il sorprendente spettacolo, poiché la Vergine disparve solo quando la recita dell'intera corona ebbe termine» (Antoine Boissieu, S.J., Le Chrétien prédestiné par la dévotion à la Sainte Vierge).
Il Rosario è dunque una grande corona di rose; una parte del Rosario è come una piccola ghirlanda di fiori o piccola corona di rose celesti che si mette in capo a Gesù e a Maria.
Come la rosa è la regina dei fiori, così il Rosario è la rosa e la prima fra le devozioni."




 

    «Il demonio, geloso dei grandi frutti che il beato Tommaso di San Giovanni, esimio predicatore del Rosario, otteneva con questa pratica, gli causò con i suoi maltrattamenti una lunga e noiosa malattia dichiarata dai medici senza speranza di guarigione. Una notte era sicuro di morire quando il demonio gli apparve sotto orride sembianze. Egli alzò devotamente gli occhi e il cuore verso un'immagine della Vergine posta a capo del letto e gridò con tutte le forze: "Aiutami, soccorrimi, o mia dolcissima Madre".
Aveva appena pronunciato queste parole quando la Vergine, dalla sacra immagine, tese la mano e stringendogli un braccio disse: "Non temere, Tommaso, figlio mio, eccomi in tuo aiuto. Alzati e continua a predicare la devozione al mio Rosario, come hai incominciato. Io ti difenderò da tutti i tuoi nemici". Alle parole della Vergine il demonio fuggì, il malato si alzò perfettamente guarito, ringraziò la sua cara Madre versando copiose lacrime e continuò a predicare il Rosario con meraviglioso successo» (Rosier mystique, 9ª decina, c. 8).




«Alfonso, re di León e di Galizia, desiderando che i suoi domestici onorassero la Vergine santa con il Rosario, pensò bene di portare al fianco una grossa corona per incitarli con il suo esempio, senza ch'egli tuttavia lo recitasse. In tal modo indusse tutti i componenti la corte a recitarlo devotamente. Il re si ammalò e giunse agli estremi. Lo si credeva già morto, ed invece era semplicemente rapito in estasi e portato davanti al tribunale di Gesù Cristo. Vide i demoni che l'accusavano di tutti i delitti che aveva commesso; il divin Giudice era già sul punto di condannarlo alla pena eterna, quando la Vergine intervenne presso il Figlio in favore del re. Si prese allora una bilancia, si misero su un piatto tutti i peccati del re; la Vergine santa mise sull'altro piatto il grosso Rosario che Alfonso aveva portato per onorarla e vi aggiunse i Rosari che dietro il suo esempio aveva fatto recitare. Tutto questo pesò più dei peccati. Ed allora la Vergine gli disse guardandolo benignamente: "Per ricompensarti del piccolo servizio che mi hai reso portando la corona, ti ho ottenuto da mio Figlio di vivere ancora per alcuni anni. Impiegali bene e fai penitenza". Ritornato in sé il re esclamò: "O benedetto Rosario della Vergine, al quale devo di essere sfuggito alla dannazione eterna!". E dopo aver riacquistato la salute, fu sempre devoto del Rosario che recitò ogni giorno» (Rosier mystique, 9ª decina, c. 8).

 

Fatti storici realmente accaduti pregando il Santo Rosario

(II Parte)

"Guardati bene dall'imitare l'ostinazione di quella devota di Roma di cui parlano Le Meraviglie del Rosario. Era costei tanto devota e fervorosa da confondere con la sua santa vita i religiosi più austeri della Chiesa di Dio. Un giorno volle consultare san Domenico ed essendosi perciò confessata da lui, questi le impose come penitenza la recita di un solo Rosario e la consigliò anche di recitarlo ogni giorno. Immediatamente lei prese a scusarsi: aveva i suoi esercizi, tutti ben regolati, acquistava ogni giorno l'indulgenza delle Stazioni di Roma, portava sempre il cilicio, si dava la disciplina più volte alla settimana, faceva tanti digiuni ed altre penitenze. San Domenico la esortò con insistenza a seguire il suo consiglio, ma lei non ne volle sapere. Uscì dal confessionale quasi scandalizzata dal modo di procedere di quel nuovo direttore che la voleva persuadere ad accettare una devozione contraria al suo gusto.
Qualche tempo dopo, stando in preghiera e rapita in estasi, ella vede la sua anima obbligata a comparire davanti al Giudice supremo. San Michele mette su un piatto della bilancia tutte le sue penitenze e preghiere e sull'altro i suoi peccati e le sue imperfezioni. Poi alza la bilancia ed ecco: il piatto delle buone opere sale, sale, e non può fare da contrappeso al piatto dei peccati e delle imperfezioni. Angosciata, ella implora misericordia e si rivolge alla Vergine santa, sua avvocata, la quale lascia cadere sul piatto delle buone opere l'unico Rosario che aveva recitato per penitenza. Questo è tanto pesante da stabilire l'equilibrio tra i peccati e le buone opere. In pari tempo la Vergine la rimprovera per essersi rifiutata di seguire il consiglio del suo servo Domenico di recitare ogni giorno il santo Rosario. Ritornata in sé la pia donna andò a gettarsi ai piedi di san Domenico e, raccontato quanto le era accaduto, gli chiese perdono per l'incredulità e promise di recitare il Rosario tutti i giorni. Giunse così alla perfezione cristiana ed alla gloria eterna. O anime contemplative, imparate da questo fatto quanto sia efficace, preziosa e importante la pratica del santo Rosario con la meditazione dei misteri."

 

"Se il Saluto angelico dà gloria alla SS. Trinità, esso è anche la lode più perfetta che noi possiamo rivolgere a Maria. «Santa Matilde desiderava conoscere il modo migliore per testimoniare la tenerezza della sua devozione alla Madre di Dio. Un giorno, rapita in estasi vide la Vergine santissima che portava sul petto a caratteri d'oro le parole del Saluto angelico. E le disse: "Sappi, figlia mia, che nessuno può onorarmi con un saluto più gradito di quello che l'adorabile Trinità mi rivolse per mezzo dell'angelo e con il quale mi elevò alla dignità di Madre di Dio. Con la parola "Ave", che è il nome di Eva, appresi come Dio con la sua onnipotenza mi avesse preservata da ogni macchia di peccato e dalle miserie alle quali andò soggetta la prima donna. Il nome "Maria", che significa Signora, fa capire che Dio mi riempì di sapienza e di luce perché illuminassi, come astro lucente, il cielo e la terra. Le parole "piena di grazia" mi ricordano che lo Spirito Santo mi ricolmò talmente di grazie da poter renderne partecipi in abbondanza quanti le domandano per mia intercessione. Dicendomi: "Il Signore è con te", si rinnova nel mio cuore l'ineffabile gioia che provai quando il Verbo eterno si incarnò nel mio seno. Quando odo le parole: "tu sei benedetta fra le donne", lodo la misericordia di Dio che mi elevò a così alto grado di felicità. Infine, alle parole: "e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù", tutto il cielo si rallegra con me di vedere mio figlio Gesù adorato e glorificato per aver salvato gli uomini"» (Rosier mystique, 2ª decina, c. 9). "

 

"Un giorno Nostro Signore apparve a santa Gertrude. Vedendolo contare monete d'oro, la santa osò chiedergli che cosa contava: «Conto — rispose Gesù — le tue Ave Maria; è questa la moneta con cui si acquista il mio paradiso»."

 

"Il pio e dotto Suarez, della Compagnia di Gesù, stimava talmente il Saluto angelico che soleva dire: «Darei volentieri tutta la mia scienza per il valore di un'Ave Maria detta bene»."

 

"Lo stesso beato Alano riferisce, nel capitolo 69 del suo De Dignitate Psalterii, che una religiosa devotissima del Rosario apparve dopo morte a una consorella e le disse: «Se potessi tornare in vita per dire una sola Ave Maria, anche senza molto fervore, soffrirei volentieri di nuovo tutti i violenti dolori sofferti prima di morire, pur di avere il merito di questa preghiera». Si noti che ella aveva sofferto atrocemente per anni e anni."

 

"Fu la Vergine santa ad insegnare a san Domenico questo eccellente modo di pregare quando gli ordinò di predicarlo per risvegliare la pietà dei cristiani e per far rivivere nei cuori l'amore per Gesù Cristo. Lo insegnò anche al beato Alano della Rupe: «La recita di centocinquanta Ave Maria è una preghiera molto utile — gli aveva detto — ed è un omaggio che gradisco immensamente. E questa recita del Saluto angelico mi piace ancor di più se coloro che la praticano vi uniranno la meditazione della vita, della passione e della gloria di Gesù Cristo, poiché tale meditazione è l'anima di questa preghiera». Infatti, senza la meditazione dei sacri misteri della nostra redenzione, il Rosario sarebbe quasi come un corpo senz'anima, una materia eccellente priva di forma, poiché è proprio la meditazione che distingue il Rosario dalle altre devozioni."

 

"«La beata Angela da Foligno un giorno pregò Nostro Signore che le insegnasse con quale esercizio avrebbe potuto onorarlo meglio. E Gesù le apparve appeso alla croce e le disse: "Figlia mia, osserva le mie piaghe". E così ella apprese dall'amabilissimo Salvatore che nulla gli era più gradito della meditazione sulle sue sofferenze. Poi Gesù le mostrò le ferite del capo, le rivelò parecchi particolari dei tormenti patiti, e soggiunse: "Tutto questo ho sofferto per la tua salvezza. Che cosa puoi fare tu che uguagli il mio amore per te?"» (Rosier mystique, 4ª decina, c. 7)."

 

"La Vergine disse un giorno a santa Brigida: «Quando contemplavo la bellezza, la modestia e la sapienza di mio Figlio, l'anima mia era fuori di sé per la gioia. E quando consideravo che le sue mani e i suoi piedi sarebbero stati trafitti dai chiodi, versavo un torrente di lacrime e il cuore mi si spezzava per la tristezza e il dolore»."


"Chi più elevato nell'orazione di santa Maddalena, che sette volte al giorno era portata dagli angeli sul santo monte Pillon e che era stata alla scuola di Gesù e della sua santa Madre? Eppure un giorno ella chiese a Dio un mezzo efficace per avanzare nell'amore per lui e giungere alla più alta perfezione. L'arcangelo san Michele le disse da parte di Dio di non conoscerne altro che quello di considerare i misteri dolorosi ch'ella aveva visto svolgersi sotto i propri occhi, ai piedi di una croce ch'egli piantò davanti alla grotta dove lei era rifugiata.
L'esempio di san Francesco di Sales, il grande direttore di anime spirituali del suo tempo, vi spinge a far parte della confraternita così santa del Rosario! Santo come era, egli si obbligò con voto a recitarlo per intero ogni giorno della sua vita. Anche san Carlo Borromeo lo recitava tutti i giorni e lo raccomandava con insistenza ai suoi sacerdoti, ai chierici del seminario e a tutto il popolo.
Il beato Pio V, uno dei più grandi Pontefici che governarono la Chiesa, recitava ogni giorno il Rosario. San Tommaso da Villanova arcivescovo di Valenza, sant'Ignazio, san Francesco Saverio, san Francesco Borgia, santa Teresa, san Filippo Neri e molti altri illustri personaggi che non nomino, si distinsero in questa devozione. Seguite il loro esempio, i vostri direttori spirituali ne saranno ben contenti, e se sono informati dei frutti che ne potete trarre, saranno i primi ad esortarvi."

 

"Impugnate quest'arma di Dio, il santo Rosario, e schiaccerete il capo al demonio, resisterete a tutte le tentazioni. Certamente è per questo motivo che anche la semplice corona materiale fa tanta paura al diavolo e i santi se ne sono spesso serviti per incatenarlo e scacciarlo dal corpo degli ossessi, come attestano molti fatti.
Un tale — narra il beato Alano — avendo tentato inutilmente ogni pratica devota per essere liberato dallo spirito maligno che lo possedeva, pensò di mettersi al collo la corona del Rosario. Ne ebbe sollievo. Constatando poi, che quando se la toglieva il demonio riprendeva a tormentarlo crudelmente, decise di portarla al collo giorno e notte. In tal modo scacciò per sempre il diavolo che non poteva sopportare quella terribile catena. Il beato Alano assicura inoltre di aver egli stesso liberato molti ossessi ponendo loro al collo la corona.
Il Padre Giovanni Amât, domenicano, predicava il quaresimale in una contrada del regno d'Aragona. Un giorno gli fu presentata una giovinetta posseduta dal demonio. Egli tentò più volte di esorcizzarla, ma non ottenendo alcun risultato le pose al collo la propria corona del Rosario. Immediatamente la fanciulla dette in smanie e in urla spaventose: «Via, via questi grani — gridava — che mi tormentano; toglietemeli». Per compassione verso la povera figliola il Padre gliela tolse. La notte seguente mentre questi riposava, gli stessi demoni che possedevano la giovane s'avventarono rabbiosamente su di lui per impadronirsi della sua persona. Egli, però, con la corona che teneva stretta in mano, nonostante gli sforzi che quelli facevano per strappargliela, li flagellò con energia e li mise in fuga con la ripetuta invocazione: «Santa Maria, Nostra Signora del Rosario, aiutami».
L'indomani, mentre si recava in chiesa, s'imbatté con l'infelice giovinetta tuttora posseduta dai demoni. Uno di questi gli disse burlandosi di lui: «Frate, se tu non avessi avuto la corona ti avremmo conciato per le feste». Il Padre allora gettò di nuovo la corona al collo della giovinetta dicendo: «Per i sacratissimi nomi di Gesù e di Maria sua Madre e per la virtù del santo Rosario, io vi comando, o maligni spiriti, di uscire subito da questo corpo». I diavoli furono costretti ad obbedire all'istante e la ragazza fu liberata.
Questi fatti dimostrano quanta sia la forza del santo Rosario per vincere ogni tentazione del demonio ed ogni pericolo di peccato, perché i grani benedetti della corona lo mettono in fuga."


"Sant'Agostino assicura che non vi è esercizio tanto fruttuoso e utile per la salvezza quanto il pensare di frequente alle sofferenze di Nostro Signore. Il beato Alberto Magno, maestro di san Tommaso, seppe per rivelazione che il semplice ricordo, ossia la meditazione della passione di Gesù è più meritoria per il cristiano che digiunare a pane ed acqua ogni venerdì per un intero anno o disciplinarsi a sangue ogni settimana o recitare ogni giorno il Salterio. Quale sarà dunque il merito del Rosario che ci ricorda tutta la vita e la passione di Nostro Signore?
La Madonna rivelò un giorno al beato Alano della Rupe che dopo il santo sacrificio della Messa, la prima e più viva memoria della passione di Nostro Signore, non vi è devozione più eccellente e più meritoria del Rosario, il quale è come un secondo memoriale e una rappresentazione della vita e della passione di Gesù.
Il padre Dorland riferisce che la Vergine santa disse un giorno al venerabile Domenico, certosino, devotissimo del Rosario, residente a Treviri nel 1431: «Ogni volta che un fedele recita in stato di grazia il Rosario meditando i misteri della vita e della passione di Gesù, ottiene piena e totale remissione dei suoi peccati». Anche al beato Alano ella disse: «Sappi che sebbene siano già numerose le indulgenze concesse al mio Rosario, io ne aggiungerò molte altre per ogni cinquanta Ave Maria in favore di quanti le reciteranno in stato di grazia e devotamente in ginocchio. A chi avrà perservato nella recita del Rosario in quelle condizioni e meditandone i quindici misteri, otterrò al termine della sua vita, come ricompensa del buon servizio, che gli siano pienamente rimesse e la colpa e la pena di tutte le sue mancanze. Tutto ciò non ti sembri incredibile; mi è facile, poiché sono la Madre del Re dei cieli, che mi chiama piena di grazia, e se ne sono piena, ne distribuirò ampiamente ai miei cari figli».
San Domenico era tanto convinto dell'efficacia e del merito del Rosario che non imponeva quasi mai altra penitenza a chi si confessava da lui se non quella di recitarlo, come abbiamo visto sopra quando riferimmo di quella donna romana alla quale diede per penitenza un solo Rosario.
I confessori, anch'essi, se vogliono seguire l'esempio del grande santo, dovrebbero imporre ai loro penitenti il Rosario con la meditazione dei misteri, invece di altre penitenze che non sono così meritorie né così gradite a Dio e neppure tanto profittevoli alle anime per farle avanzare in virtù o tanto efficaci per impedire loro di ricadere nel peccato. Senza dire, poi, che recitando il Rosario si lucrano numerose indulgenze non annesse a molte altre devozioni.
Dice l'abate Blosio: «Sicuramente il Rosario con la meditazione della vita e della passione di Nostro Signore è graditissimo a Gesù e alla Vergine ed è molto efficace per ottenere ogni grazia. Perciò lo possiamo recitare per noi stessi o per coloro che a noi si raccomandano o anche per tutta la Chiesa. Ricorriamo dunque alla devozione del Rosario in ogni nostra necessità ed otterremo senza dubbio quanto avremo chiesto a Dio in ordine alla nostra salvezza»."

 

 

"«Un giorno Padre Domenico, certosino, molto devoto del Rosario, vide il cielo aperto e tutta la corte celeste disposta in mirabile ordine. E udì cantare con dolcissima melodia il Rosario mentre si onorava ad ogni decina un mistero della vita, passione e gloria di Gesù Cristo e della Vergine santa. Egli notò che al santo nome di Maria tutti i beati inchinavano il capo e a quello di Gesù genuflettevano e ringraziavano Dio per i grandi benefici elargiti in cielo e in terra in virtù del Rosario. Vide pure la Vergine e i santi presentare a Dio i Rosari che i confratelli recitano sulla terra e pregano per tutti quelli che praticano questa devozione. Vide ancora innumerevoli corone di splendidi e profumati fiori preparate per chi recita con devozione il Rosario, le corone che essi medesimi stanno intessendo per esserne adorni in cielo» (Rosier mystique, 10ª decina, c. 3)."

 

Chi è Maria?

Maria è la madre di Gesù, di Lei abbiamo notizie nel Vangelo. Sono San Luca e San Matteo coloro che forniscono qualche particolare in più riguardo a Maria proprio perché dedicano più spazio all'infanzia di Gesù.

Maria apparteneva alla tribù di Giuda e alla discendenza di David. Figlia, secondo la tradizione, di Gioacchino ed Anna e sposa di un falegname di nome Giuseppe in un piccolo paese della Galilea: Nazareth.

Tutto questo accadeva più di duemila anni fa.

Per mezzo di Lei si è compiuta la nuova alleanza tra noi uomini e Dio la cui prova vivente è Gesù: vero uomo per mezzo di Maria e vero Dio per mezzo dello Spirito Santo. Maria, Essendo la madre di Colui che ha espiato le nostre colpe con la propria vita, è da considerarsi più universalmente la madre di tutti noi. Solo il suo amore ci ha permesso di ricevere il Salvatore. Amore di madre ed amore in Dio sublimato nel silenzio di una ragazza povera e semplice che non ha rifiutato questo compito così gravoso ma che ha accettato nell'umiltà del sacrificio che si compisse il volere di Dio.

Non dimentichiamo mai che Maria era libera di scegliere ed avrebbe potuto rifiutare l'annuncio dell'Angelo, così come noi siamo liberi di scegliere tra il Bene ed il Male in ogni momento della nostra vita. E' questa l'umile grandezza di Maria.

Sentire per nove mesi un bimbo che ti cresce in grembo, partorirlo ed allattarlo. Vederlo crescere e vederlo diventare uomo. Capire nell'intimo, giorno dopo giorno, che questo figlio è venuto per la salvezza dell'umanità e capire che prima o poi sarebbe arrivato il giorno in cui, in un modo o nell'altro, avrebbe dovuto sacrificarsi per il volere del Padre.

Vedere il proprio figlio nel Tempio a tenere testa ai saggi, vedere il proprio figlio che cammina sulle acque e che riporta in vita i morti e poi vederlo umiliato e deriso. Vederlo frustato e martoriato fino alla più ignobile delle morti: la crocifissione.

Tutto nel silenzio.

 

Chi è Maria?
 

Le risposte a questa domanda così breve illustrano rapidamente, in forma catechistica, il dolce mistero di Maria, inseparabile da quello di Cristo.
« Conosci tua Madre! ».
Non sarà mai possibile amare e imitare la Madonna senza conoscerla. E del resto, quale dovere può essere più amabile di questo per un figlio?

Maria è il più grande dono che Dio ha fatto all'umanità. E' la Madre Divina: « Capolavoro del Creatore. Riflesso evidente di Dio. Miracolo di natura e di grazia. Bellezza inenarrabile. Splendidissima aurora. Corona dei Santi. Santuario delle mistiche altezze. Ministra del trionfo. La tutta Santa ... E' Colei a cui è toccato il prodigio unico di essere immacolata, perfettissima, purissima... » (Paolo VI).
Maria è stata, è, e sarà la Donna più conosciuta e più amata di tutta l'umanità.

E' necessario conoscere la Madonna?
La Madonna occupa un posto di primo piano non solo nella storia della salvezza del genere umano, ma anche nella vita spirituale di ogni cristiano. Per questo è utile, anzi doveroso e necessario conoscere profondamente la sua sublime missione, i suoi grandi privilegi e il mistero della sua vita.
La conoscenza di Maria serve a far conoscere meglio Gesù. Più si conosce la Madonna, meglio si comprende e si ama Gesù.

In quale libro si trovano le notizie sulla vita della Madonna?
Le notizie che riguardano la vita della Madonna le troviamo nel Vangelo, il quale, oltre a essere un libro sacro perchè ispirato da Dio, è anche vero, perchè parla di fatti realmente accaduti. E la prova più certa che le notizie sulla Madonna sono vere, l'abbiamo dal fatto che tre dei quattro autori del Vangelo (San Matteo, San Luca e San Giovanni) conobbero personalmente la Madonna.

A quale sublime missione fu prescelta Maria da Dio?
Maria fu prescelta da Dio, fra tutte le donne, a compiere l'incomparabile missione di Madre del Messia-Salvatore e Madre universale di tutte le creature.
Dio preparò la Vergine Maria a questa grande missione arricchendola di grazie elettissime e privilegi singolari che fanno di Lei la Creatura più eccelsa, il Capolavoro più bello, dopo Gesù, compiuto da Dio.

Quali privilegi ottenne Maria da Dio per compiere la sua missione?
I privilegi più importanti di cui fu arricchita la Madonna sono quattro:
1. l'Immacolata Concezione,
2. la perpetua Verginità,
3. la Maternità Divina,

4. l'Assunzione al cielo in anima e corpo.
Inoltre, la Madonna corrispose in modo mirabile a tutte le grazie ricevute da Dio, per cui possiamo dire che meritò anche di essere la Corredentrice del genere umano, la Mediatrice e Dispensatrice di tutte le grazie, l'Avvocata onnipotente presso Gesù, la Regina del cielo e della terra, degli Angeli e dei Santi. Tutto questo è patrimonio prezioso della nostra Fede.